Molti genitori sono preoccupati, quando vedono i loro figli reagire in modo aggressivo e nervoso. Questi comportamenti non devono essere sottovalutati soprattutto durante i primi anni di vita, ma neanche sopravvalutati. Il bambino può essere aggressivo per temperamento o per educazione. Spetta al genitore saperlo educare con pazienza e dedizione. Considerando la teoria di Dollard, se il bambino non viene educato a sopportare la frustrazione, esso reagisce in modo aggressivo tutte le volte in cui non riesce ad ottenere ciò che vuole. Il processo educativo deve essere accompagnato costantemente dall’osservazione del bambino che riceve l’educazione, da una riflessione costante sulle metodologie educative e sui risultati ottenuti.
Un prezioso suggerimento ci viene proposto da Asha Phillips, nel suo testo ” I No che aiutano a crescere”. Il genitore deve riuscire a comprendere quali sono i momenti cruciali della vita del bambino durante i quali può intervenire per rinforzare la sua capacità di sopportare la frustrazione. Immaginate di essere in un centro commerciale con vostro figlio e lui vi comincia a ossessionare con richieste di ogni tipo, per es. vuole le costruzioni, un gioco identico a quello che ha già avuto, ecc. In questa situazione, il vostro no deve essere spontaneo e immediato e venir fuori dal desiderio di far crescere il bambino e di fargli capire che non sempre si può avere tutto. Il genitore che dice di no, non è un cattivo genitore, se in quel momento ha deciso di educare il proprio bambino a sopportare le limitazioni. Se il bambino impara a tollerare la frustrazione sicuramente riuscirà anche ad accettare altre limitazioni imposte dalla società.
Il no deve essere educativo e deve permettere al bambino di stare bene, non deve essere un rifiuto proposto semplicemente per farlo innervosire. Pensate ad un genitore che lascia il figlio maschio fare tardi la sera e non permette alla femmina invece di uscire e di trattenersi a lungo. Sono proprio queste differenze ad alimentare l’aggressività delle ragazze.
Molti altri autori si sono dedicati al problema dell’aggressività. K. Lorenz, nel 1963 ha proposto una spiegazione dell’aggressività come istinto innato e ne ha sottolineato il carattere di spontaneità. Per questo studioso, l’istinto aggressivo appartiene al patrimonio genetico dell’uomo. Diversa la posizione di Fromm secondo il quale l’evoluzione degli istinti ha determinato sempre di meno il comportamento umano. “L’uomo può essere definito come il primate che emerse in quella fase dell’evoluzione in cui la determinazione istintiva scese al minimo e lo sviluppo del cervello raggiunse il massimo”. Nell’uomo lo sviluppo della neocortex corrisponde ad un deficit istintivo. “ Il cervello umano non solo è insufficente come sostituto dell’apparato istintuale indebolito ma complica l’impresa di vivere”. “L’uomo è l’unico animale dotato di ragione e autocoscienza”, egli è consapevole delle proprie azioni, ma si fa assalire e influenzare anche dai desideri e dalle passioni. Fromm sostiene che l’aggressività può essere benigna e maligna, mentre la prima è adattiva e segue lo sviluppo filogenetico, la seconda è disadattiva e non segue lo sviluppo filogenetico. Tutti gli animali possiedono l’aggressività benigna, ma solo l’uomo ha sviluppato l’aggressività maligna che utilizza per compiere atti crudeli e malvagi.
Fromm per spiegare l’aggressività maligna esplicita la teoria di Heidegger quando dice che l’uomo viene gettato nel mondo perchè anche se non ha scelto di nascere deve vivere a causa dell’istinto di sopravvivenza. Secondo Fromm, gli istinti dell’uomo sono deboli e per questo deve elaborare nuovi schemi di comportamento per sopperire a tale mancanza. L’uomo deve superare questa situazione di squilibrio, la dicotomia dell’esistenza umana, il suo isolamento, la sua impotenza, lo smarrimento, che lo conducono a cercare nuove strade per entrare in contatto con un mondo che non conosce e in cui è costretto a vivere. Affinchè l’uomo resti sano di mente ha bisogno di soddisfare delle esigenze psichiche radicate nelle condizioni stesse dell’esistenza umana. Per Fromm, la soddisfazione delle esigenze esistenziali si manifesta attraverso le passioni come: l’amore, la tenerezza, la tensione di giustizia, l’indipendenza, la verità l’odio, il sadismo, il masochismo, la distruttività e il narcisismo. Queste passioni sono radicate nel carattere e sono semplicemente umane. Le passioni appena descritte sono una categoria storica, mentre gli istinti sono una categoria naturale.
Per Fromm il soggetto è anche vittima di una separazione involontaria quella dovuta all’ allontanamento fisiologico e psichico dalla madre, per questo motivo ricerca continuamente l’unità all’esterno. L’uomo ha bisogno di trovare nuovi legami per superare l’isolamento e per questo si unisce ad altri uomini e decide di amarli. In questo caso, per riuscire a stabilire tale legame deve essere abbastanza autonomo e libero, mentre se decide di stabilire un legame simbiotico con gli altri per controllarli, tale unione degenererà in sadismo. Diversamente, se decide di essere controllato diventerà sadico. Se invece sceglie di amare se stesso (narcisismo), tale soluzione a volte, porterà alla pazzia e in alcuni casi degenererà con desideri di distruzione. In tale situazione, il soggetto penserà che non esiste nessuno al di fuori di lui e quindi vorrà distruggere il mondo per non essere schiacciato. Una soluzione per superare l’unità senza correre il rischio della degenerazione, ci viene proposta dalla religione e dagli intellettuali umanisti.
Un altra causa dell’aggressività maligna è l’eccitazione mentale, secondo Fromm essa rappresenta un bisogno umano. L’organismo umano ha bisogno, cosi come quello animale, di un minimo di eccitazione e stimolazione. Infatti, “incendi, omicidi, guerre, sesso sono fonti di eccitazione, “molti spettacoli crudeli sono fonti di eccitazione”. In ogni modo, per Fromm la stimolazione del cervello è fondamentale per l’individuo e per la sua salute psichica e per questo motivo nel suo testo fa riferimento a Spliz che ha descritto gli effetti negativi prodotti dalla mancanza di stimolazione nei bambini piccoli. L’aggressività maligna nasce dall’esigenza dell’uomo di vivere sopportando il peso della realtà e della società in cui è costretto a tollerare la presenza dell’altro e della sua distruttività. Negli ultimi anni, ho condotto delle osservazioni sul comportamento degli animali per compararlo a quello dell’uomo e mi sono accorta del fatto che alcuni di essi come i bovidi, di fronte ad uno scontro tra due conspecifici reagiscono intromettendosi per sedare il conflitto. Ho notato durante un conflitto tra tali bestie che almeno un componente del gruppo si avvicina per mettere la pace e si intromette durante la lotta. Questo può essere un ulteriore elemento di riflessione sulla differenza tra l’aggressività umana e quella animale. Ma nello stesso tempo si può aprire una discussione circa l’istintività di tale comportamento che invece non è scontato nell’uomo. Infatti, quando nella scuola dei compagni cominciano a picchiarsi e uno di loro attacca un altro, ci sono dei casi in cui nessuno interviene.
Bibliografia
S.Carovita, L’alunno prepotente, Conoscere e contrastare il bullismo nella scuola, Editrice La Scuola, Brescia, 2004
Dollard, J., Miller, N.E., Miller N.E..Doob, L.W., Mowrer, L.H., Sears, R.R., Frustrazione e aggressività, Firenze, Editrice Universitaria.
Erich Fromm, Anatomia della distruttività umana, Arnoldo Mondadori, Milano, 1992
F. Marini, C. Mameli, Bullismo e adolescenza, Carocci, Roma, 2004
Asha Phillips, I no che aiutano a crescere, Feltrinelli editore, 2001.
Firma
Maria Cristina Lorusso